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I 5 Castelli più belli della Provincia di Cosenza

Calabria, terra aspra e fertile, terra di mare e di montagna, terra di contraddizioni e complessità storiche, naturali, culturali.

Le strutture difensive in Calabria sono state influenzate dalla continua minaccia delle invasioni. Un tratto di costa così grande ha costretto i regnanti delle varie epoche, a costruire molte di queste opere difensive. Il timore degli attacchi dal mare è stata la principale motivazione della costruzione di moltissime barriere difensive. Ogni opera aveva una precisa motivazione militare e strategica, collocandosi lungo le principali vie di comunicazioni o a presidio di città.

I castelli di Calabria sono tanti e rappresentano un libro aperto di storia, miti, leggende e gesta eroiche che tramandano, attraverso il tempo, il protagonismo bellico, il valore, il coraggio e l’ansietà di libertà e di indipendenza di tutti i paesi calabresi, difronte all’infuriare di diversi invasori.  In particolare, in provincia di Cosenza i castelli sono davvero tantissimi e localizzati sia sulle coste che sull’entroterra. Qui ne conosciamo alcuni, quelli meglio conservati e più suggestivi.
Ecco un estratto dei 5 castelli più belli della provincia di Cosenza, tratto dall’articolo “i 20 castelli più belli della Calabria“, a cura dell’associazione Mistery Hunters.

1 – Castrum Petrae Roseti

 

Situato a Roseto Capo Spulico, a picco sul mare sul Promontorio di Cardone, il Castrum Petrae Roseti (Castello della Pietra di Roseto) è un castello fortificato a difesa della costa dell’Alto Ionio Cosentino, risalente ad epoca normanna, ricostruito nel Duecento per volontà dell’imperatore e re di Sicilia Federico II di Svevia, rimaneggiato più volte fino al secolo XVI. Nel XIII secolo fu requisito da Federico II ai Cavalieri Templari, per ritorsione verso il loro tradimento durante la VI crociata in Terra Santa, e divenne fortezza prettamente militare; dai registri angioini si conosce l’entità della guarnigione assegnata alla fortezza, che nel 1275 risulta composta dal castellano, uno scudiero e da dodici guardie. All’nterno della rocca si apre un ampio cortile con cisterna centrale per l’approvvigionamento d’acqua e i resti delle scuderie, mentre gli interni hanno saloni di rappresentanza e grandi stanze ancora arredate secondo lo stile medioevale. Non è un caso, quindi, se il “Castrum Petrae Roseti” è stato classificato tra i 10 castelli più belli e romantici d’Europa dalla rivista “Style”.

2 – Castello della Valle

 

Castello della Valle è il castello di Fiumefreddo Bruzio, paese in provincia di Cosenza annoverato tra i Borghi più belli d’Italia. Nel 1054 Fiumefreddo fu espugnata da Roberto il Guiscardo, che provvide a fortificarla. Un recinto di pietra lo divideva dall’abitato e un ponte levatoio fungeva da accesso settentrionale. Una scala a chiocciola conduceva ai piani alti, dove sorgeva l’abitazione del feudatario. Tuttora si osservano i resti delle due torri circolari che nel ‘500 sostituirono quelle quadrate di fattura sveva. Poche sale conservano il pavimento; sulla facciata resistono alcune belle finestre di tufo lavorato. I sotterranei, in gran parte recuperati, sono stati oggetto di scavi archeologici e ora adibiti a sale espositive e sala convegni. L’alzato fu ridotto allo stato attuale di rudere durante l’occupazione napoleonica per sottomettere gli insorti borbonici, anche se mostra perfettamente l’imponenza avuta nel passato. Il valore aggiunto del Castello della Valle è costituito dalla preziosa opera del pittore siciliano Salvatore Fiume. Era il 12 agosto 1975 quando l’artista, all’apice della sua notorietà, si aggirava ispirato tra le rovine dell’edificio: decise di rivitalizzare il paese disseminando sue opere per le strade e nei monumenti e proprio al castello dipinse le pareti di una sala, all’epoca scoperchiata ed oggi restaurata e coperta. Nelle scene del “ La stanza dei desideri”, che hanno prevalentemente profilo naturalistico, trovano posto anche la figura di Pavarotti, a simboleggiarne la presenza a Fiumefreddo, e l’autoritratto dell’artista con la sua Zaù. Dichiarato “Monumento Contro Tutte le Guerre“, nonostante il restauro, le due cannonate del generale Renyer, del 12 febbraio 1807, sono ancora ben visibili.

3 – Castello Ducale di Corigliano

 

Il castello di Corigliano Calabro è una fortezza risalente all’XI secolo, sito in provincia di Cosenza nel comune omonimo. È stato definito come uno “fra i castelli più belli e meglio conservati esistenti nell’Italia meridionale”. Le prime notizie che testimoniano la presenza di un avamposto fortificato risalgono ai Normanni, in espansione verso la Calabria e la Sicilia, i quali dovettero erigere un baluardo a difesa di Corigliano e a controllo di tutta la sottostante piana di Sibari. L’origine del castello di Corigliano Calabro è legata alla figura di Roberto il Guiscardo (Roberto d’Altavilla), il re normanno d’aspetto gigantesco. In principio la fortezza era costituita solo da una torre e la trasformazione che porterà il castello all’aspetto attuale avvenne solo dopo l’avvento dei Sanseverini, una delle famiglie più importanti del Regno di Napoli, e in particolare di Roberto, conte di Corigliano. A questo periodo infatti risale la costruzione all’interno del lato sud della struttura di alcune importanti e comode stanze signorili. Passato, nel corso dei secoli, oltre che sotto la potente famiglia dei Sanseverino, anche dai Saluzzo e dai Compagna, oggi il Castello Ducale, dopo una sapiente opera di restauro che ha coperto l’arco temporale 1988 – 2002, è un fiore all’occhiello non solo del territorio della Sibaritide ma di tutta l’Italia meridionale. Il mastio si divide in quattro livelli fino ad arrivare in cima alla torre, ogni livello ha la sua caratteristica diversa dagli altri.

4 – Castello Normanno-Svevo di Cosenza

 

Il Castello Normanno-Svevo di Cosenza rappresenta il principale monumento della città dei Bruzi, che lo vede ergersi ormai da secoli su uno dei punti più alti della città, il colle Pancrazio, uno dei sette colli della città. Per mancanza di fonti documentarie, non è certo che il luogo ove sorge il Castello sia esattamente quello occupato un tempo dalla Rocca Bretia, ma è indubbio che i cosentini Bizantini costruirono, nel 937 d.C., il proprio forte in cima allo stesso colle sulle rovine di un’antica rocca. E’ noto anche che dopo poco il capitano e califfo saraceno Saati Cayti rimaneggiò fortemente il Castello. Durante il conflitto angioino–aragonese fu adibito a zecca per la realizzazione di monete, e venne successivamente trasformato in residenza principesca per Luigi III d’Angiò e la consorte Margherita di Savoia, venuti a governare la provincia calabrese. La sua storia si perde per tutto il 1600, ed essendo nuovamente danneggiato da numerosi terremoti cadde completamente in rovina. Fu ripreso dai Borboni che lo adibirono a carcere, e dopo l’unità d’Italia passò finalmente al comune di Cosenza che lo acquistò in un’asta pubblica. Dopo i restauri degli ultimi anni il Castello presenta ben conservati: la torre ottagonale, di epoca sveva, caratterizzata da strette “saiettiere” che permettevano ai difensori di usare le armi stando al coperto e con uno strombo d’apertura, gli stemmi di età angioina incisi sugli archi svevi a costoloni, che si immettono nel corridoio detto “dei fiordalisi”, lo scudo aragonese, le sale del trono, delle armi e dei ricevimenti oltre alla cisterna Santa Barbara, le segrete e il cortile interno. Un ultimo intervento di restauro sulla struttura, iniziato nel 2008, si è concluso nel 2015 ridando alla città il suo simbolo e rendendola nuovamente visitabile tramite un bus messo a disposizione per i turisti, e che permette a questi ultimi di raggiungere il castello in alto sulla collina.

5 – Regio Castello di Amantea

 

Il castello di Amantea (già Regio castello di Amantea) è situato nell’omonima città, in provincia di Cosenza, nel basso Tirreno cosentino. A dominio della strada costiera e della via per Cosenza che corre lungo la valle del fiume Catocastro, fu in passato un’importante piazzaforte sotto i bizantini, gli arabi, i normanni, gli svevi, gli angioini e gli aragonesi. Fu risistemato nel periodo viceregnale e sotto i Borbone, ma subì gravi danni durante i terremoti del 1638 e del 1783; fu lasciato in stato abbandono dopo il disastroso assedio del 1806-1807 subito da parte delle truppe napoleoniche. Attualmente il castello è in rovina, e l’accesso ai resti sul colle che domina la città risulta piuttosto faticoso. Il Comune di Amantea lo ha rilevato nel 2008. Il castello occupa un plateaux con bella visuale sia sul piccolo golfo del fiume Oliva sul mar Tirreno (e nei giorni di tramontana è possibile vedere addirittura l’isola di Stromboli e Pizzo), sia sulla valle del fiume Catocastro, inoltrandosi attraverso la quale si arriva a Cosenza lungo l’antico tracciato della via Popilia. Probabilmente fu in età normanna e sveva che venne fortificata pesantemente la parte meridionale del colle, decentrata rispetto all’abitato ma rivolta verso gli obiettivi che interessava tenere sotto controllo in quell’epoca, ossia le vie di comunicazione tra la costa e l’interno. Oggi restano davvero pochi avanzi degli ambienti interni del castello, perciò è possibile saperne qualcosa di più solo scorrendo le planimetrie e le vedute settecentesche. Questo grande quadrilatero era tutto circondato da un fossato, già invaso da erbacce nel Settecento, ed ancora oggi esistente: in particolare, rimane la parte in muratura dell’accesso secondario al castello, sul lato settentrionale. Il ponte levatoio è andato distrutto. Oltre il fossato, il resto dell’altopiano era circondato da un muretto diroccato già nel Settecento, che formava una sorta di “cittadella” o “avanzata” concepita per intrappolare il nemico che fosse riuscito a penetrarvi. Al castello è possibile salire da almeno quattro sentieri, piuttosto difficoltosi: uno parte dalla Strada Tirrena poco prima della confluenza con corso Umberto I, un altro incomincia a destra della chiesa del Carmine in corso Umberto I, un terzo (Salita San Francesco) si sviluppa dall’antica porta urbica fino a toccare anche le rovine del complesso francescano sottostanti la torre angioina, un quarto infine parte dalla chiesa del Collegio (a cui sono annesse le imponenti rovine dell’ex-collegio gesuitico).